Cervelli in fuga? O forse meglio dire sfruttamento in fuga?
Questo fenomeno molto discusso negli ultimi anni va ad indicare una problematica che il Ticino sta vivendo. Ovvero, le persone che intraprendono percorsi accademici fuori Cantone, una volta terminati gli studi, e scelgono di non tornare a vivere in Ticino. Ebbene, le proposte promosse dai partiti, anche dalle sezioni giovanili, sono spesso superficiali e in alcuni casi addirittura ridicole.
Per ovviare questo problema non serve incentivare i giovani che intraprendono questo percorso con sgravi fiscali o supplicando di tornare in Ticino con incentivi ridicoli. Urgono proposte concrete e propositive.
Le persone che decidono di non tornare lo fanno per un motivo ben preciso: il nostro Cantone non è ancora attrattivo per le persone giovani e per chi vuole lavorare. I salari sono estremamente bassi ed il costo della vita è spropositato rispetto a quest’ultimi, le condizioni di lavoro sono precarie, lo spazio dato all’espressione della fascia giovanile della popolazione è inesistente, così come il coinvolgimento dei giovani nel sistema politico, infine i servizi offerti per giovani e famiglie non sono soddisfacenti.
Ecco, che allora, possiamo evitare questo fenomeno, migliorando le condizioni di vita e i servizi offerti.
Cervelli in fuga è un termine estremamente superficiale e problematico. Infatti, definisce giovani accademici unicamente come cervelli, ovvero una risorsa da sfruttare per la forza lavoro e gli interessi borghesi. Non stupiamoci se poi non tornano. L’unico incentivo per far tornare studenti e studentesse, lavoratori e lavoratrici, accademici e accademiche è rendere il Ticino un posto vivibile, un posto in cui crescere, costruire e stare bene. E questo non lo si raggiunge dando contentini economici o fiscali, ma facendo degli investimenti massicci nell’offerta del nostro Cantone: aumentando i salari, potenziando la rete di trasporto pubblico rendendolo accessibile a tutte e tutti, introducendo contratti collettivi di lavoro in ogni settore, applicando un salario minimo veramente dignitoso, potenziando le infrastrutture culturali per giovani e famiglie, semplificando questioni burocratiche e combattendo concretamente la precarietà sul lavoro. Per vivere e non per sopravvivere, garantendo quindi una vita dignitosa per le giovani generazioni anche nel nostro Cantone, una vita bella, degna di essere vissuta, non una sopravvivenza nel sistema socioeconomico capitalista basato sullo sfruttamento.
Niccolò Mazzi-Damotti, comitato GISO e candidato al Gran Consiglio PS, GISO e FA