Il 29 aprile saremo chiamati a votare sulla Riforma fiscale, necessaria secondo il Governo per “rafforzare l’attrattiva fiscale del Ticino” per le imprese. Guardando le cifre si vede però che fra il 2008 e il 2015 il numero di aziende in Ticino è quasi raddoppiato, passando da 20’000 a oltre 38’000. Anche per quanto riguarda la creazione di posti di lavoro il Ticino negli ultimi anni si è piazzato più volte ai primi posti in classifica: in dieci anni il numero di impieghi è cresciuto del 15,8%, quello degli occupati addirittura del 20,6%.
Il problema è che questa crescita non ha migliorato la situazione della maggioranza della popolazione, ma anzi ha avuto l’effetto contrario: allo stesso tempo è infatti diminuito il salario mediano, oltre 8'000 persone sono in assistenza, il lavoro interinale è esploso e quasi una persona su tre è a rischio povertà. Gli sgravi fiscali per le imprese introdotti nel passato, per esempio con la Riforma delle imposizione fiscale delle imprese II nel 2008, non erano infatti legati ad alcun criterio qualitativo, come il livello salariale, la politica aziendale o il radicamento nel territorio. L’attuale Riforma fiscale non ha imparato dagli errori del passato e propone nuovamente misure di sgravio destinate a tutte le grandi imprese che realizzano ingenti utili e con grossi capitali, anche a quelle che pagano salari insufficienti e assumono solo manodopera frontaliera. Con il territorio cantonale saturo di capannoni e la precarietà dilagante, è giunta finalmente l’ora di puntare sulla qualità e non sulla quantità! La politica fiscale dovrebbe guardare ai bisogni delle piccole-medie imprese, strozzate dalla grande concorrenza, e premiare le imprese virtuose, che portano effettivamente beneficio alla popolazione ticinese con paghe dignitose.
Martino Rinaldi, comitato GISO Ticino
19.04.2018