Il 13 marzo 2023 è stato approvato dal Gran Consiglio l’anticipo della lingua tedesca in prima media. Nonostante sia evidente l’utilità della lingua, è necessario analizzare due punti estremamente critici che fanno di questo cambiamento una scelta preoccupante.
Questi ultimi sono la qualità dell’insegnamento linguistico e il carico scolastico degli allieve delle allieve. Oltre che all’integrazione di tale scelta nel mercato del lavoro svizzero. Il parlamento ha approvato una proposta derivante da una petizione dei Giovani Liberali Radicali che chiede l’anticipo del tedesco alla prima media. Uno dei più grandi problemi di questa riforma è che il parlamento non ha dato direttive su come introdurre nel piano orario una o più ore di tedesco in prima media.
Le soluzioni però sono due: o si aggiungono ore al piano di studi oppure si sostituiscono materie. Nessuna delle due proposte, però, è accettabile nell’ottica di una scuola che vuole formare una cittadinanza cosciente e sociale. Infatti, se si va ad aumentare il carico di lavoro degli allievi e delle allieve si va a impattare negativamente sulla salute mentale e sulla possibilità di approfondire altre materie.
L’istituzione della scuola deve garantire lo sviluppo globale degli individui e non limitarsi ad approfondire le conoscenze che il mercato richiede sacrificando il tempo libero degli allievi e delle allieve. Invece, nell’ipotesi di sostituire le ore di tedesco ad altre materie, si pone un altro problema. In base a che criterio si potrebbe sostituire una materia con il tedesco? Su cosa andremo a tagliare? Nella scuola ticinese non esiste una materia più importante di un altra e, anche se spesso si pensa che materie con approccio culturale siano meno importanti, non è così.
Ecco perché andare a sostituire delle ore nell’attuale calendario scolastico risulta impossibile e rischia di trascurare l’aspetto critico, culturale, e sociale della scuola.
Inoltre, la scelta di anticipare il tedesco non è da intendersi solo come un tentativo di migliorare la conoscenza della lingua. Questa proposta, infatti, va inserita e analizzata nei cambiamenti che i partiti borghesi tentano di apportare al nostro mercato del lavoro. Aumentare le possibilità di andare a lavorare in Svizzera interna, infatti, non è solo una scelta fatta per migliorare l’integrazione delle nuove generazioni con il resto della Svizzera. È da intendersi come la scelta di voler spingere i giovani verso un mercato con salari più alti e, soprattutto, di non voler adattare le imprese di questo cantone a quel livello salariale.
È tristemente ironico che siano i partiti che, della lotta al frontalierato hanno fatto la propria bandiera, a spingere i giovani e le giovani ticinesi alla ricerca del lavoro oltralpe. In realtà, però, non c’è da stupirsi. La ricerca del profitto, infatti, è sempre alla base dell’agire economico delle imprese e dei politici che le sostengono.
Quando i nostri e le nostre giovani saranno a lavorare in una ditta svizzero tedesca, i padroni avranno una possibilità in più di assumere lavoratori e lavoratrici da sottopagare.
Continueremo a batterci contro i continui attacchi da parte dei partiti borghesi alle strutture della scuola. Non sacrifichiamo il tempo libero o gli altri insegnamenti, investiamo su soluzioni che migliorino la conoscenza della lingua e favoriscano l’interculturalità.
di Niccolò Mazzi-Damotti e Santiago Storelli, candidati al GC per la GISO