Articolo apparso il 17.11.2021 su LaRegione. Yannick Demaria, Studente in Lettere all'Università di Losanna
Cura è una parola bellissima, perché ci tocca da vicino, nelle cose più piccole come nelle più grandi e non solo quando siamo malati.
Sintetizzando tutti i significati e le sfumature possibili di questa parola, Orazio (65-8 a.C.) sosteneva che “la cura è la compagna permanente dell’uomo”. Il termine latino, nella sua forma più antica, era infatti utilizzato in un contesto di relazioni di amore e di amicizia: un atteggiamento di premura, vigilanza, preoccupazione e inquietudine per una persona amata o un oggetto di valore. Per il filosofo tedesco Martin Heidegger (1889-1976) la cura (Sorge) è l’atteggiamento fondamentale che sta alla base di tutti gli altri ed è caratteristica di qualcuno (l’essere umano) che si trova da sempre in qualche situazione emotiva.
La cura nasce e vive quando l’esistenza di qualcuno ha importanza per me, quando partecipo al suo destino, alle sue gioie, alle sue sofferenze, insomma alla sua vita, come nei versi appassionati di Franco Battiato: “Supererò le correnti gravitazionali/Lo spazio e la luce per non farti invecchiare/Ti salverai da ogni malattia/Perché sei un essere speciale/Ed io avrò cura di te”. Con sollecitudine, affetto e delicatezza.
L’essere umano non potrà mai fare a meno di amare e di prendersi cura di qualcuno e non smetterà mai di doversi inquietare per una persona che ama. Per questo c’è speranza!
Se le cose non stessero così, in assenza di coinvolgimento e di preoccupazione per la vita e il destino degli altri, resterebbe solo la morte dell’amore, cioè, come direbbe Leonardo Boff, teologo della liberazione, l’indifferenza.
Anche per questo, responsabilmente, dobbiamo trattare con cura chi si prende cura di noi, votando e facendo votare, da subito, l’iniziativa “Per cure infermieristiche forti”.
Yannick Demaria