“Mi sono innamorata del mio paese – i suoi fiumi, praterie, montagne, città e persone... potrebbe essere un paradiso terrestre se solo appartenesse al suo popolo”
Come tante icone della sinistra attraverso i secoli, Elizabeth Gurley Flynn ha origini anonime. Eppure, questa ragazzina nata in una periferia industriale del New Hampshire avrà una storia incredibile. Una storia di lotta, di difficoltà, ma anche di progresso e vittoria.
Iscritta a una scuola pubblica e educata al socialismo dai suoi genitori, Elizabeth darà il suo primo discorso pubblico a soli 15 anni - “cosa il socialismo farà per le donne” (1905) enunciato al Club Socialista di Harlem, New York.
Nel 1907 diventa un’organizzatrice per l’Industrial Workers of the World, un potente sindacato internazionale attivo soprattutto nel mondo anglofono. Il suo operato raggiunge una moltitudine di ambiti: dai minatori in Minnesota e Washington alle lavoratrici tessili in Massachussets. È in questo periodo che si guadagna il soprannome “Giovanna d’Arco di East Side”, per via della sua battagliera ostinazione a girare tutta la nazione per organizzare scioperi, picchetti e manifestazioni.
Durante questi anni, Elizabeth viene arrestata (almeno) 10 volte, fino ad essere costretta ad abbandonare il sindacato. Non soddisfatta del suo lavoro finora, diventerà una dei membri fondatori dell’Unione Americana per le Libertà Civili (ACLU) nel 1920. Una delle sue prime azioni fu assumere un ruolo da protagonista nella campagna contro l’arresto di Sacco e Vanzetti, due anarchici italiani incastrati per un attentato e giustiziati dagli americani – uno sfoggio di ingiustizia che molti di noi conoscono grazie alla celebre canzone di Gianni Morandi.
Sempre in seno alla ACLU, Flynn intensifica anche il suo lavoro riguardo il tema a lei più caro: i diritti delle donne. Sostiene l’accesso ai contraccettivi e il suffragio femminile, in un’epoca in cui il discorso di sinistra era ancora largamente dominato da uomini. Questa constatazione la porterà ad avere rapporti perlomeno complessi con diversi sindacati e organizzazioni, che lei accusava di essere marcatamente patriarcali e indifferenti ai bisogni delle donne.
Nel 1936, mentre le armate di Mussolini invadono l’Etiopia, Flynn si unisce al partito comunista americano. Nel corso della guerra mondiale si batte per l’uguaglianza di salario e opportunità per le donne, che per via delle necessità imposte dallo sforzo bellico vennero inserite nella forza lavoro senza che vi fosse un qualsiasi tipo di compensazione in termini di diritti. Spinge anche il partito a mobilitarsi per creare asili nido in cui le madri rimaste sole potessero lasciare i loro bambini durante il giorno.
Con il finire della guerra, l’occidente inizia a dimenticare chi ha davvero sconfitto i nazisti, e il conflitto ideologico tra le due superpotenze emerse dalla guerra non crea un bel clima per il partito comunista americano. Una serie di cause legali e infiltrazioni smantellano gradualmente l’organizzazione – Elizabeth stessa passerà due anni in prigione assieme ad altri 16 membri del partito accusati di “pianificare il rovesciamento violento del governo federale”.
Una volta libera nel 1957, Flynn riprende l’attività politica. Dopo 50 anni di lotta, arriverà persino ad essere eletta come prima presidente del partito nel 1961. Ma ormai è troppo tardi per sperare di fare la differenza negli Stati Uniti.
Elizabeth muore nel 1964 a Mosca, in Unione Sovietica. Il governo comunista le riconosce il diritto a un funerale di stato, la cui processione funebre sarà seguita da oltre 25'000 persone nel bel mezzo della piazza rossa.
Angelo Mordasini, Gioventù Socialista Ticino.