Nel 2022 un terzo delle persone abitanti in Svizzera ha subito discriminazioni o violenze prevalentemente per motivi etnici o razziali. A dirlo è una ricerca realizzata su incarico del Servizio per la lotta al razzismo e del Servizio di Stato della migrazione. Il dato complessivo appare stabile rispetto agli anni precedenti, ma è peggiorato per le giovani generazioni. Il 53% delle persone fra i 15 e i 24 anni interpellate ha dichiarato di essere stato confrontato con un atteggiamento discriminatorio o con una violenza fisica o psicologica, con un aumento del 6% rispetto alla situazione del 2020.
Le vittime riconducono questi episodi a motivi etnico-razziali: la nazionalità (50%), ma anche la lingua, un dialetto o un particolare accento (34%), il colore della pelle o segni corporei (19%), la religione (17%) o l’origine etnica (15%).
Il razzismo è intollerabile e chi lo alimenta va sanzionato politicamente e penalmente, perché viola i diritti fondamentali e le leggi del nostro Paese. L’articolo 261 bis del Codice penale svizzero è esplicito. Chiunque inciti pubblicamente “all’odio o alla discriminazione contro una persona o un gruppo di persone per la loro razza, etnia, religione o per il loro orientamento sessuale”, chiunque propaghi pubblicamente “un’ideologia intesa a discreditare o calunniare sistematicamente tale persona o gruppo di persone”, “chiunque, nel medesimo intento, organizza o incoraggia azioni di propaganda o vi partecipa” è punito con una pena detentiva sino a tre anni o con una pena pecuniaria.
Non è difficile individuare chi fa di queste pratiche comunicative (pubbliche e reiterate) il proprio programma politico. Perciò la Giso svizzera, lo scorso 13 febbraio, ha sporto querela contro l’Udc presso la Procura di Berna