Il coronavirus è l’ennesima prova di un mondo strettamente interconnesso e globalizzato, ma che ancora trova enormi difficoltà nell’affrontare problematiche su larga scala, che superano i confini nazionali. Il virus, comparso per la prima volta a Wuhan a dicembre 2019, attira l’attenzione dei media di tutto il mondo e, dopo pochissimi mesi, si diffonde globalmente, causando improvvisi cambiamenti alla vita quotidiana di tutti noi. Quella che fino a pochissimo tempo fa pareva una minaccia lontana e, secondo molti, piuttosto pompata dai media, in men che non si dica è giunta anche in Ticino, e, nell’immaginario collettivo, ha completamente cambiato aspetto, diventando il nemico numero uno di tutto lo Stato. Il coronavirus si aggiunge dunque alla lista di quelle problematiche che trascendono i limiti nazionali e che, anche per questo motivo, rappresentano un vero pericolo per l’umanità.
Ciò che fa di queste tematiche degli autentici pericoli è il fatto che ancora l’azione a fronteggiarli è ridotta alle decisioni dei singoli stati e non esiste un piano-guida globale che indichi la strada da percorrere. Questo grosso limite si sta già in parte vedendo con il modo attuale di agire per affrontare l’epidemia da coronavirus, ma sarà ancor più evidente quando si tratterà di riparare i danni economici causati dal virus. Al momento le varie nazioni agiscono autonomamente, si stanno facendo sorprendere ad una ad una dal pericolo e alcune ancora non hanno preso alcuna misura di contenimento. Tutto bene, scelta loro: ma questo è giusto se poi causerà la morte di un anziano che le misure di contenimento le voleva? Quante vite si sarebbero salvate se fin da subito ci fosse stato un piano di azione globale, con provvedimenti semplici volti anche a sensibilizzare tutti gli stati sull’enorme pericolo? Noi attualmente vediamo il tragico impatto del virus sulla nostra società, una società moderna, tecnologica e con un sistema sanitario ottimo: ma se questo virus si diffonderà, com’è probabile accada, in Africa e in paesi poco industrializzati, quali saranno le conseguenze e chi li aiuterà? Tra qualche mese gli Stati Occidentali saranno intenti a riparare i danni economici e difficilmente penseranno anche ai problemi altrui. Anche in questo caso si giocherebbe sulla vita di moltissime persone. Al tempo stesso per ricostruire l’economia sarà importantissima la cooperazione tra tutti gli stati, ma questa al momento risulta difficoltata, visto che ogni nazione agisce strettamente nei suoi interessi e che superpotenze come Stati Uniti, Cina e Russia hanno nettamente più influenza di qualsiasi altra nazione.
Insomma, la tematica coronavirus è un altro di quei problemi che verrebbe “risolto” estremamente più facilmente se ci fosse una maggiore, più sana ed efficace collaborazione tra tutti gli stati. Questa collaborazione può essere solamente garantita con una governance internazionale che abbia potere nelle questioni che trascendono i limiti nazionali, una governance democratica e che rispetti l’autodeterminazione dei popoli. Questa governance risulta attualmente essenziale, anche e soprattutto per tematiche come quella del cambiamento climatico, dove l’azione ad affrontare la minaccia è fortemente rallentata perché la politica è ingabbiata nei confini dei singoli stati e ha un potere estremamente ridotto quando si tratta di tematiche sovranazionali, anzi spesso è tenuta in ostaggio dagli interessi economici di potentissime multinazionali. Al momento parlare di questa governance sfiora l’utopia e questo è molto peccato, perché, come dimostrato con il semplice caso del coronavirus, i benefici sarebbero innumerevoli. Epidemie globali come questa dovrebbero aiutare ad aprire la mente verso questa idea, ma c’è ancora troppa riluttanza ingiustificata: si preferiscono ancora soluzioni opposte come l’isolazionismo, le quali non fanno altro che peggiorare la situazione, perché si possono costruire tutte le barriere del mondo, ma non sarebbero mai sufficientemente alte da bloccare un virus. Non ci resta dunque altro che perseguire l’utopia, perché solo facendo così si riuscirà a rendere realtà l’impossibile.
Articolo di Siro Fadini, membro GISO.
29.03.2020