Articolo apparso su Infrarosso il 20.09.2019.
I partiti di maggioranza e le potenze che dirigono l’economia non riescono a raggiungere un accordo per una politica climatica, occorre perciò fare dei cambiamenti profondi.
Nel dibattito attuale sul clima, l’accordo di Parigi viene citato ripetutamente. L’obiettivo primario è rispettare questo accordo. Tuttavia, ci si dimentica spesso che questo accordo non rispetta quello che chiedono molti climatologi. L’obiettivo di 2°C non rappresenta una garanzia che il nostro pianeta resterà abitabile. Si tratta piuttosto di un compromesso tra la conoscenza degli scenari catastrofici che potrebbero verificarsi e la mancanza di volontà, da parte dei politici e delle imprese, di agire per il cambiamento. Anche quando il gruppo di esperti intergovernativo sull’evoluzione del clima (GIEC) ha avvertito, lo scorso autunno, delle conseguenze devastanti di un riscaldamento superiore a 1.5°, lo status quo è rimasto invariato.
Dobbiamo sapere su chi peseranno le conseguenze della mancanza di volontà di cambiamento. Ogni decimo di grado di riscaldamento colpirà più violentemente il 99%, in particolare nei paesi del Sud. Non sono i politici o l’élite economica che devono temere le inondazioni, le carestie o nuovi conflitti. La lotta contro la crisi climatica è dunque sempre una lotta per il 99%.
Come risolvere questa crisi? Una delle condizioni di base del capitalismo è che può utilizzare delle risorse gratuite. Oltre al lavoro non remunerato delle donne*, il furto di una parte del plus valore dei salariati e lo sfruttamento del Sud, la natura è anch’essa compresa in questa dinamica. Non è dunque nell’interesse di questo sistema economico pagare per queste risorse o di pagare danni e interessi conseguenyi all’utilizzo irresponsabile della nostra natura. In oltre, l’economia capitalista deve continuare a crescere se non vuole crollare. Tuttavia, a questa crescita economica, consegue inevitabilmente un forte consumo di risorse, ma queste sono di fatto limitate. Queste due contraddizioni rendono difficile, se non impossibile, fermare la crisi climatica nel capitalismo.
Siccome gli altri partiti politici non riconoscono questa contraddizione, o peggio non la vogliono nominare, la Gioventù Socialista ha redatto un documento sul modo in cui la Svizzera può arrivare all’obiettivo di zero emissioni nette da qui al 2030. In un primo tempo, conviene accelerare fortemente lo sviluppo delle energie rinnovabili e mettere in atto delle regole coerenti sulla causa di queste emissioni (per esempio, la proibizione di nuovi sistemi di riscaldamento diesel). Allo stesso tempo, dobbiamo obbligare le banche e le compagnie assicurative svizzere a cessare immediatamente gli investimenti e le garanzie di assicurazione a tutte le imprese dannose all’ambiente. Una virata di 180 gradi deve imporsi anche negli ambiti della mobilità e dell’agricoltura. Lontano dalle espansioni delle autostrade, verso dei buoni trasporti pubblici per tutti e tutte. Lontano dalla produzione di massa, verso la coltura biologica e rigenerativa. Ma tutto ciò non funzionerà senza cambiare radicalmente l’equilibrio dei poteri. Vogliamo democratizzare l’economia perché una piccola minoranza non determini il nostro futuro. Vogliamo una forte riduzione del tempo di lavoro in modo che tutti e tutte abbiano tempo a sufficienza per preoccuparsi dell’ambiente così come dei propri concittadini e delle proprie concittadine. Vogliamo una vita di qualità per tutti e tutte e un clima intatto è alla base di tale pretenzione. Ci impegniamo perché “System Change not Climate Change” non resti una frase vuota e lottiamo insieme con il movimento per lo sciopero del clima.
Tutte le misure sono disponibili su systemchange.ch/fr.
Citazione: la lotta contro la crisi climatica è dunque sempre una lotta per il 99%.
Yannick Demaria