Articolo di Elisa Pedrina apparso su laRegione il 9 settembre 2022
Il prossimo 25 settembre sarà in votazione la riforma AVS 21, volta a stabilizzare “l’allarmante” situazione delle casse dell’AVS. “Allarmante”, però, solamente agli occhi della destra. Le statistiche dell’Ufficio Federale confermano invece un operativo positivo negli ultimi dieci anni. L’AVS funziona e dovrebbe essere potenziata, anche in vista delle prospettive finanziarie meno favorevoli nel prossimo decennio; questo tenendo sempre a mente che le sue entrate dipendono soprattutto dal montante totale dei salari e meno dal numero di contribuenti. Introdurre un’effettiva parità salariale tra uomini e donne, nonché riconoscere i lavori di cura oggi non retribuiti, sono misure paritarie che porterebbero centinaia di miliardi di contributi annui alla cassa AVS. Quanto proposto da AVS 21 è invece una pseudoriforma antisociale: colpirebbe soprattutto le donne che svolgono lavori precari con salari bassi, le quali, nonostante abbiano svolto attività più logoranti a livello fisico, non potrebbero permettersi il prepensionamento. Oggi le rendite delle donne sono in media del 37% inferiori rispetto a quelle degli uomini, inoltre una donna su quattro dipende solo dall’AVS e non riceve rendite dal Secondo o Terzo pilastro. La modifica di legge in questione non prevede una ridistribuzione paritaria delle rendite e peggiorerebbe la situazione di questa parte della popolazione che oggigiorno vive ancora discriminazioni lavorative e sociali. In aggiunta, AVS 21 è accompagnata da un aumento dell’IVA pari al 0.4%, il quale peserà sui cittadini e sulle cittadine, per giunta in un perido segnato dal rincaro dei prezzi. È profondamente sbagliato associare i concetti di “parità e uguaglianza” alla riforma AVS 21; invito quindi caldamente a votare un doppio NO.
Elisa Pedrina, membro GISO