23.12.2018
Ecco il quarto articolo del nostro calendario dell’avvento femminista: durante le quattro domeniche dell’avvento pubblicheremo ogni volta un nuovo articolo, partendo da una citazione di quattro femministe importanti del 20esimo secolo. Ecco il quarto articolo del nostro membro Laura Riget:
Con questa frase l’icona femminista Angela Davis sottolineava il bisogno imprescindibile di militanza e partecipazione politica per ottenere effettivi cambiamenti. Questi non scaturiscno infatti da decisioni prese a tavolino dai rappresentanti politici, ma grazie appunto alla pressione sociale e alla mobilitazione popolare.
Nata nel 1944 nello Stato conservatore dell’Alabama, Davis vive sulla propria pelle la doppia discriminazione quotidiana di essere afroamericana e donna. Queste esperienze influenzano fortemente la sua visione politica, spingendola ad assumere un ruolo chiave ai vertici del Partito Comunista. Davis è infatti convinta che socialismo e femminismo siano due facce della stessa medaglia, quella della lotta contro i privilegi ingiustificati degli uomini benestanti e bianchi. Soprattutto pensando al contesto americano, Davis sottolinea l’importanza del fattore etnico. “Women, race and class”, non solo il titolo di uno dei suoi romanzi più noti, ma anche i tre assi su cui si muovono le discriminazioni: discriminazioni basate sul sesso, sull’appartenenza ad un’etnia e ad una certa classe sociale. Davis mostra come questi assi si possano poi intersecare fra loro, spiegando che i problemi di una donna bianca del ceto medio con formazione universitaria non possono essere uguagliati a quelli di una lavoratrice precaria di colore.
Da qui nasce secondo Davis il bisogno di un femminismo intersezionale, che integri e analizzi la moltitudine di fattori discriminanti che possono unirsi nella stessa persona come ad esempio il sesso, l’etnia, l’identità di genere o l’abilità. Ognuno di questi fattori corrisponde a un asse di oppressione, poiché la relazione tra gli individui che si trovano ai due estremi dell’asse è caratterizzata dalla dinamica oppressore-oppressa/o: da un lato c’è la persona privilegiata, spesso inconsapevole dei propri privilegi e più o meno inconsciamente propensa a difenderli, anche con la violenza. Dall’altro c’è la persona che conta meno, che viene discriminata, esclusa e più espostaal rischio di subire violenza.
Se seguissimo i vari assi di oppressione dal lato dei privilegiati, incontreremo un personaggio chiaramente definito: l’uomo cis[1] ed eterosessuale, bianco e benestante, adulto, con un corpo funzionale e tutta una serie di stereotipi che lo caratterizzano. È quindi questo il nemico del femminismo intersezionale? No. Il nostro scopo quali femministe e femministi (!) non è infatti quello di soggiogare le persone con queste caratteristiche; il nostro nemico è il sistema stesso e gli assi di oppressione che mettono su un piedistallo questa categoria di persone: vogliamo far crollare il piedistallo, non l’uomo. Anche perché non è bello stare su questo piedistallo, c’è sempre il rischio di cadere giù: pensate alla mascolinità e all’eterosessualità, si è costantemente sotto minaccia di essere chiamati “femminucce” o “finocchi” se non si corrisponde alle aspettative sociali.
Un grande insegnamento del femminismo della seconda ondata, di cui Davis è una conosciuta esponente, è la necessità di capire come sia illusorio pensare di abbattere le disuguaglianze saltando sul piedistallo. Serve invece lottare contro il sistema patriarcale e capitalista, unendo socialismo e femminismo in un’unica lotta! Per concludere, una citazione di un’altra femminista marxista, la rivoluzionaria sovietica Alexandra Kollontai: “Senza Socialismo nessuna liberazione della donna – senza liberazione della donna nessun Socialismo”.
Laura Riget
[1] Una persona «cis» è una persona che si identifica per esempio come uomo, che rispecchia gli stereotipi sociali di come dovrebbe essere un uomo e che è nato biologicamente quale maschio. C’è quindi una condizione di concordanza tra il piano biologico (i caratteri sessuali), l'identità personale (come la persona si sente) e il ruolo sociale (come gli altri individui la considerano).