Comunicato stampa Credit Suisse

22.03.2023

Domenica sera si è conclusa l’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS. Questa mossa, che come GISO riteniamo tremendamente azzardata, sembra aver aumentato la fiducia degli investitori e martedì le borse sembrano essersi stabilizzate. Questa nuova sicurezza, però, non passa solo dalla solidità di UBS. Il principale garante di un'acquisizione complessa e rapida è stata la Confederazione cha ha fornito una linea di credito di 100 miliardi di franchi oltre a garantire le perdite di UBS per altri 9 miliardi.
Come Gioventù Socialista riteniamo che le domande su cui occorre prestare attenzione sono due: vale la pena aver garantito questa acquisizione e, che cosa comporta per il 99% la presenza di una sola grande banca.
La prima domanda forse è quella più complessa, per rispondere a pieno dovremmo valutare il rischio dell’acquisizione ma, questo, richiede un lavoro di analisi su tutti i titoli presenti in Credit Suisse. Più interessante per capire i rischi dell’operazione è analizzare come sono garantite le perite. Infatti, queste ultime sono garantite inizialmente da UBS per 5 miliardi di franchi e successivamente dalla confederazione per altri 9 miliardi. Salta all’occhio che due terzi del rischio (in caso di grosse perdite) sta in mano ai e alle contribuenti. Sta quindi alla popolazione l’onere di creare garanzie in ultima istanza che hanno permesso questa operazione ma noi da questo cosa ci guadagniamo? Assolutamente niente, anzi, sicuramente ci perdiamo.
Qui interviene la seconda domanda e il rapporto tra la popolazione e un UBS sempre più grande. Oltre a una banca, che unendosi a Credit Suisse ha aumentato ulteriormente il suo volume d’affari, dobbiamo ricordare il suo ruolo di azienda svizzera. La notizia meno ripresa, ma forse la più preoccupante, è l’annuncio del taglio di 8 miliardi di costi nella gestione congiunta dei due istituti entro il 2027. Questo significa, ricordando il tipo di servizio che fornisce UBS, tagli del personale. Per riassumere, quindi, se l’operazione andasse bene sul lungo termine perderemo solo 8 miliardi in posti di lavoro, se andasse male ne perderemo altri 9 dalle casse della Confederazione e, se andasse malissimo, perderemmo anche 100 miliardi provenienti dalle casse della BNS.
La Svizzera ha dimostrato di saper agire tempestivamente ma questo non basta. Come GISO crediamo che sono necessari dei cambi strutturali nel sistema di capitalizzazione delle banche. L’aumento generalizzato dei tassi d’interesse ha dimostrato la poca solidità di moti istituti bancari e, soprattutto, che non è sostenibile pagare bonus, dividendi agli azionisti e restituire anche un interesse senza compromettersi con comportamenti irresponsabili. I profitti irreali e costanti che chiede un sistema di capitalizzazione basato sulla compravendita di azioni spinge le banche a basarsi solo su criteri di profitto e non di benessere e sostenibilità. La statalizzazione di questi istituti è una soluzione per controllare gli investimenti e garantire che i nostri franchi vengono investiti in maniera responsabile e per la creazione di benessere. Tanto, se va male, alla fine paghiamo comunque noi.

Comunicato stampa del 22.03.2023