Riforma OCSE. Perché ci fanno schifo i soldi dei ricchi?

02.06.2023 - Santiago Storelli

L’implementazione della tassazione minima per le imprese multinazionali è una delle grandi svolte che,
finalmente, la politica internazionale ha avuto il coraggio di proporre e implementare. Il mondo globalizzato
ha garantito a queste imprese di potersi muovere fuori dalle maglie del controllo statale, di operare in molte
nazioni e pagare le imposte in poche di queste. Per questo, i principali paesi nel mondo, per numero e
grandezza, si sono accordati per istituire una tassa minima del 15% sui profitti delle multinazionali.
Questo non significa che siamo obbligati a tassare le multinazionali con sede in Svizzera. La riforma
introduce un principio estremamente interessante per limitare le disuguaglianze fiscali tra i paesi che, detto
in maniera molto semplice, si riassume nel seguente principio: se non li tassate voi lo facciamo noi. Questo
perché la riforma OCSE introduce il principio di una tassazione minima al 15% che, se non riscossa dal paese
in cui risiede la multinazionale, può essere riscossa dove quest’ultima opera.
Questa importante iniziativa, però, ha dei problemi. Non per la riforma in se e per se ma per la sua
particolare implementazione in Svizzera. All’interno del nostro paese, infatti, vive ancora il principio
totalmente ridicolo della concorrenza fiscale. L’applicazione della riforma OCSE, che punta a eliminare sia i
privilegi delle multinazionali che riescono ed eludere la tassazione, sia la concorrenza fiscale tra i paesi,
all’interno della Svizzera esacerba la concorrenza fiscale tra i cantoni. Il parlamento, infatti, ha scelto di
ripartire i proventi della tassazione per 3/4 ai cantoni e solo 1/4 alla Confederazione. Questo ha permesso a
cantoni come Zugo e Basilea Città, che ricevono forti introiti dalla riforma OCSE, di annunciare tagli alle
imposte di persone fisiche e giuridiche. Qui sorge spontanea la domanda citata nel titolo: perché ci fanno
schifo i soldi dei ricchi? È evidente che la riforma OCSE avrebbe il vantaggio di eliminare la concorrenza
fiscale tra i paesi e aumentare gli introiti dovuti alla tassazione delle multinazionali. In sostanza: più soldi
che ci entrano e nessuno da cui poter andare per pagare meno.
Questo però, non è la strada che ha scelto di seguire la maggioranza borghese in parlamento che ha
proposto un’implementazione che ha permesso a pochissimi cantoni di annunciare sgravi alle aziende non
toccate dalla riforma. Imprese che, per la loro natura di azienda nazionale, non hanno le stesse possibilità di
“spostare la buca lettere” come potrebbe fare una multinazionale. Il processo di delocalizzazione che
dovrebbero intraprendere, infatti, è molto più lungo e complesso e ha come principale motivazione la
riduzione dei costi di produzione.
Per la natura della riforma OCSE, che comunque porterà la Svizzera ad adottare una tassazione minima delle
multinazionali del 15%, è quindi importante votare NO questo 18 giugno. Aspettiamo una vera proposta
d’implementazione da Berna. Una riforma che benefici tutta la Svizzera e il Ticino e non solo i più ricchi. E,
chissà, forse sarà l’occasione di parlare di tassazione minima anche tra i cantoni.