Nonni contro nipoti

03.10.2019

Secondo AvenirSuisse, prima del 2025 più della metà dell’elettorato effettivo svizzero sarà over 60. Con “elettorato effettivo” si intende coloro che vanno effettivamente a votare, e non coloro che hanno diritto di voto. Sì, perché in questa evoluzione non conta solo l’invecchiamento della cittadinanza. A pesare è anche la partecipazione al voto: inferiore al 40% sotto i 40 anni e con picchi tra il 60-70% intorno ai 70 anni. Una situazione dalle conseguenze importanti. Pensiamo alle grandi sfide che interessano la nostra Nazione: almeno due, la sfida del cambiamento climatico e la sostenibilità del sistema pensionistico, sono indissolubilmente e profondamente legate a un conflitto di interessi generazionale. Certo, per fortuna molti elettori non considerano solo il proprio interesse a corto termine quando si recano alle urne: la solidarietà intergenerazionale è forte, da entrambe le parti. Ma crediamo davvero che la solidarietà possa riequilibrare completamente questa situazione? Pensiamo a un esempio semplificatorio: quale sarebbe l’esito di una votazione tra il diritto di far festa alla sera in città e il diritto di starsene a casa in tranquillità con una maggioranza dell’elettorato sopra i 60 anni? E che ragionamento farebbe un politico che deve prendere una parte durante i lavori commissionali, senza dimenticare che è statisticamente difficile che questo politico sia a sua volta un giovane? Aumentare la partecipazione al voto giovanile è perciò una sfida importante, sulla quale ho voluto riflettere.
Educazione alla cittadinanza
Certamente l’educazione e la scolarizzazione svolgono un ruolo di base nello stuzzicare l’interesse dei giovani verso l’attualità e la politica. Sono contrario a un insegnamento nozionistico e destoricizzato della civica, ma ritengo importante incoraggiare i giovani al ragionamento e al dibattito tramite la scuola. Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia dove fare politica è normalità, situazione che mi ha aiutato a capirne l’importanza. So bene però che ciò non accade in molte famiglie ticinesi, e ritengo dunque che dove non arriva l’educazione famigliare deve esserci la scuola. Uno dei ruoli principali della scuola è trasformare degli adolescenti in cittadini, trasmettendo loro lo straordinario valore della democrazia e della partecipazione. Sarebbe sicuramente istruttivo avere più frequentemente classi scolastiche in visita di legislativi ed esecutivi del Cantone e della Nazione. Incontro spesso giovani che rifiutano di candidarsi a una carica politica pensandosi insufficientemente competenti. Se solo vedessero il livello di alcuni dei politici eletti...
I giovani non hanno bisogno di sermoni, ma di esempi
Sempre sull’onda della normalizzazione della politica vi è la forza dell’esempio. Cinque anni fa sono stato tra i rifondatori della Gioventù Socialista Ticinese, che in breve tempo è diventato un tassello riconosciuto della politica ticinese. In questi anni la GISO ha coinvolto direttamente almeno un centinaio giovani, ha organizzato dibattiti e prese di posizione, ha eletto consiglieri comunali in diversi comuni e oggi è anche rappresentata in Gran Consiglio. Tutto questo viene fatto anche da altri movimenti giovanili, che dimostrano passione, ideali e competenze. Dimostrano che anche i giovani possono occuparsi di politica, in primis agli altri giovani. Un esempio importante e da sostenere.
La comunicazione
Poste le fondamenta educative, ci sono altri ponti da costruire tra politica e giovani. A livello comunicativo, per esempio. Un passo concreto in tal senso è stata l’introduzione in parecchi comuni ticinesi dell’opuscolo e delle attività di Easyvote. Uno studio di M. Stanga dell’Ufficio di Statistica ha osservato effetti benefici dell’opuscolo sulla partecipazione dei giovani e si potrebbe pensare a un finanziamento cantonale dello stesso, in modo da non discriminare i giovani dei comuni non coinvolti.
Diritti politici a 16 anni, perché no?
Se è vero che parte dello squilibrio generazionale è legato al comportamento elettorale, è anche vero che una parte dell’effetto è dovuta all’invecchiamento della popolazione. Una misura ampiamente discussa in questo senso è quella di abbassare l’età minima per partecipare al voto a 16 anni, andando quindi ad aumentare la quota di giovani che partecipa alle elezioni. Sono personalmente favorevole a sperimentazioni in tal senso. Mi si dice che sedicenni e diciassettenni non siano abbastanza maturi per prendere decisioni politiche. In realtà sono rimasto sorpreso dal grado di preparazione di alcuni adolescenti, e – d’altro canto – talvolta mi chiedo quanto siano politicamente più maturi e responsabili gli elettori adulti. Un’idea da sondare.
Una provocazione
Sappiamo bene che il voto di un cittadino urano per il Consiglio degli Stati vale più del voto di un cittadino zurighese. Questo perché la camera dei cantoni è costruita in modo da mantenere un equilibrio geografico e tra città e campagna. Una situazione conosciuta anche in altre Nazioni, come per esempio nell’elezione presidenziale statunitense. Non sono però a conoscenza di nazioni che bilancino lo squilibrio generazionale. Mi chiedo quanto sarebbe scorretto introdurre un sistema elettorale che compensi l’invecchiamento della popolazione (non l’effetto del comportamento elettorale). Si potrebbe per esempio prevedere una “quota giovani” tra gli eletti a Berna, oppure “aggiustare” il voto degli under 35 con un moltiplicatore di 1.25 o 1.50. Sono consapevole che si tratta di una provocazione, ma è giusto fantasticare anche su misure creative per trovare delle soluzioni.
Per un futuro democratico
A lasciare ben sperare c’è la partecipazione giovanile alle manifestazioni per il clima (e anche allo sciopero femminista) verificatasi negli scorsi mesi. Un’occasione di attivismo che può avere un effetto mobilitante, come accaduto per esempio nelle elezioni cantonali a Zurigo. Non credo però che possa bastare. Il nostro sistema politico semi-diretto è qualcosa di prezioso e unico al mondo. Ma non dobbiamo fermarci credendo che non sia perfettibile. Se vogliamo che garantisca la sua funzione di coesione della società anche in periodi di transizione demografica, non dobbiamo sottovalutare il ruolo dei giovani. Altrimenti, forse, sarà davvero “nonni contro nipoti”.