Equa rappresentanza delle donne in politica e nell'economia

14.06.2018

Intervento di Laura Riget all’aperitivo per la parità in onore della ricorrenza dello sciopero delle donne del 1991
Proprio oggi il Consiglio nazionale ha approvato in ambito della revisione del diritto delle società anonime una quota rosa obbligatoria per le imprese quotate in borsa. Queste imprese dovranno avere almeno il 20% di donne nelle loro direzione e il 30% nei loro consigli d’amministrazione.
Da una parte è sicuramente una buona notizia perché significa – guardando i rapporti di forza in Parlamento – che anche i consiglieri nazionali e le consigliere nazionali borghesi si sono finalmente resi conto che è necessario fare qualcosa. Dall’altra parte questa decisione è un passo decisamente troppo piccolo! Noi donne dovremmo forse rallegrarci di poter essere presenti nella misura nel 20% nelle grandi aziende?! Una proposta tipica di un paese come la Svizzera che ha più volte dimostrato con che lentezza si occupa dei diritti delle donne e della parità.
Il 20% non basta! L’obiettivo deve essere il 50%!
Questa rivendicazione non deve valere solo per l’economia, ma anche per la sfera politica. Le donne, quando hanno finalmente ottenuto il diritto di voto, sono sulla carta diventate delle cittadine alla pari degli uomini, ma riuscirono solo lentamente ad avere potere politico. Ancora oggi noi donne siamo sottorappresentate in politica, sia tra le candidature ma soprattutto tra coloro che vengono eletti ed elette. In Gran Consiglio ci sono 22 donne, che corrisponde al 25%. Nel nostro governo cantonale neanche una. A Berna la situazione non è migliore: in Consiglio nazionale si raggiunge una presenza femminile del 33% ma nel Consiglio degli Stati solo del 15%. Nonostante noi donne svizzere siamo il 52% degli aventi diritto di voto, la nostra quota nei consessi politici è meno di un terzo mediamente. Questa mancata rappresentanza descrittiva – meno donne elette rispetto a quelle nella popolazione – può causare problemi di rappresentanza sostanziale – gli interessi delle donne non vengono presi in considerazioni e difesi sufficientemente - nonché di rappresentanza simbolica - la nostra democrazia si basa infatti sulla presenza proporzionale dei vari interessi, varie professioni, età e sessi.
Un altro problema è la situazione delle donne sottoposte a discriminazione plurima - ad esempio le donne con origine straniera. Loro hanno ancora più difficoltà a far sentire la loro voce per difendere le proprie cause politiche, sia perché non hanno il diritto di voto, sia perché hanno poche chance elettorali. La discriminazione strutturale impedisce loro l’accesso al potere politico. È quindi necessario espandere il concetto di cittadinanza anche a queste donne e lottare per una democrazia più inclusiva, in cui le donne – tutte le donne – posssono far sentire la loro voce!
Lanciando uno sguardo al futuro, soprattutto in vista delle elezioni che ci attendono, urge aumentare gli sforzi in questo ambito. Come Sinistra siamo da sempre attenti alla questione e ci impegniamo da anni per promuovere e valorizzare le donne in politica, nell’economia e nella società. Non a caso i gruppi parlamentari del PS e dei Verdi in Gran Consiglio godono della più alta percentuale femminile. Ma non possiamo permetterci di dormire sugli allori: occorre continuare ad essere d’esempio per gli altri partiti, mantenendo e aumentando ulteriormente anche nel 2019 il numero di donne, sia in lista che tra le elette. Non basta infatti solo mettere più donne in liste, ma bisogna anche promuoverle. Bisogna creare reti di sostegno; bisogna garantire lo stesso spazio mediatico alle donne che agli uomini; e soprattutto bisogna far capire agli uomini che hanno paura di perdere i loro privilegi che la parità è un nostro diritto!