Un orgasmo vi seppellirà

15.04.2019

Recentemente al comitato cantonale del Partito socialista è stato presentato il manifesto dello sciopero del prossimo 14 giugno, nel quale trova ampio spazio la lotta al sessismo, agli stereotipi a favore della libertà sessuale nelle sue molte espressioni. Una compagna ha chiesto ai presenti uomini cosa sapessero sulla sessualità femminile. Si è avvertito un certo imbarazzo, forse anche un fastidio ritenendo la questione fuori dal contesto politico.


Invece la questione è soprattutto politica poiché è sempre stato il controllo del corpo femminile a determinare le discriminazioni a tutti i livelli, giuridico, professionale, culturale. Al corpo femminile è stato negato il riconoscimento al piacere se non per soddisfare quello maschile, destinandolo unicamente a funzioni di riproduzione e di cura, e sempre in posizione subalterna. Le religioni e le leggi ne determinavano lo spazio di azione, ovvero ciò che poteva fare o non fare. La rivoluzione sessuale – e nel film «Ordine divino» di Petra Volpe è molto evidente – ha ribaltato i paradigmi sociali scardinando il controllo che la società e la religione avevano sul corpo femminile. Un processo lungo anche in Svizzera, combattuto a suon di votazioni, manifestazioni e con lo sciopero delle donne del 1991, un processo non certo concluso, tanto da chiedere ancora di tornare a scioperare il prossimo 14 giugno. A livello legislativo il cambiamento è iniziato con il suffragio universale (1971), il riconoscimento dell’uguaglianza di diritto e di fatto nel lavoro, nella famiglia e nella società (1981), modificando il diritto di famiglia (1983), la legge parità (1996), la depenalizzazione dell’interruzione di gravidanza entro le 12 settimane dal concepimento (2002), l’unione civile (2004), modifiche nel Codice penale in materia di violenza domestica (2004), il congedo maternità (2005) e altro ancora. Ma i tentativi di tornare indietro non mancano, come nel 2009 con la richiesta di non riconoscere ai fini assicurativi l’interruzione di gravidanza (nel Paese con il tasso di interruzioni più basso al mondo) e quello, purtroppo riuscito, di decretare anche in Ticino il 25 marzo Giornata della vita, proprio nel giorno che la Chiesa e i medesimi mozionanti avevano chiesto la giornata senza aborti. Ormai è in atto un cambiamento di strategia e di linguaggio, una modalità «benevola» di attaccare i diritti conquistati, quei diritti che salvano molte più vite di quante ne salvavano precedentemente le forme di controllo sulla vita delle donne. Il tentativo di riportare indietro le lancette della storia attraversa tutto il mondo democratico rendendosi in modi diversi visibile, come è stato recentemente il Congresso mondiale della famiglia organizzato da una collezione di organizzazioni ultraconservatrici anti tutto ciò che nei secoli è stato conquistato in termini di diritti, in particolare dalle donne. Forse proprio perché il loro modo di comunicare è stato volutamente modificato in questi ultimi anni, diventando – solo apparentemente – meno aggressivo nei confronti dei diritti delle donne, anzi glorificandone la bellezza materna, la reazione delle donne (dal mondo cattolico, fino alla contromanifestazione di «Non una di meno») è stata particolarmente assertiva nel ribadire la libertà di scelta di ciascun individuo nel rispetto dei principi democratici e etici. Una battaglia che torna sempre a usare il corpo delle donne (e quello della comunità LGBTQI+) come un campo in cui si misura la capacità della democrazia di tener testa a chi mette in discussione i diritti conquistati. Un corpo su cui alcuni fanatici di ogni dove, religione o mercato, ritengono di poter avere ancora il controllo: vogliono vestirlo, spogliarlo, tagliarlo, modellarlo, toccarlo, fornicarlo, ingravidarlo, violarlo, stuprarlo, addomesticarlo. Riaffermare la libertà del proprio corpo di donne è quindi una necessità politica e culturale. È riconoscere e conoscere che è fonte di piacere e non è un oggetto riproduttivo per il piacere di altri. Quindi lo slogan «Un orgasmo vi seppellirà» della manifestazione trans-femminista a Verona dello scorso 30 marzo, è il nostro augurio a tutti i fanatici e le fanatiche.


Articolo di Lisa Boscolo e Pepita Vera Conforti, apparso sul CdT del 13 aprile